BITCOIN verso il crollo: 5 segnali che puntano dritti a $70k
- giorgio greco
- 2 apr
- Tempo di lettura: 18 min
"Il team di VitaHub sposa una visione short (ribassista) su Bitcoin (BTC/USD) per i prossimi mesi – e i motivi sono molteplici e convincenti. Dopo aver toccato quota $87.600 (chiusura di Martedì 25/03 a $87.427), il prezzo del Bitcoin mostra crepe profonde che potrebbero spalancare le porte a un crollo verso
$73.500–70.500 entro fine maggio. Mentre i tori esultano per i recenti rally, un’analisi a 360° dei fattori macroeconomici, geopolitici, finanziari e tecnici dipinge un quadro fosco per BTC. In poche parole: il re delle crypto rischia una “doccia fredda” ribassista.
Di seguito esaminiamo i 5 elementi chiave che
confermano questa tesi short, senza pietà per i bullish:
● 1. Macroeconomia avversa – Politica monetaria restrittiva (FED hawkish), inflazione ostinata, tassi alti, dati occupazionali solidi e un dollaro forte creano un mix tossico per gli asset rischiosi come Bitcoin.
● 2. Geopolitica tesa – Guerre commerciali e conflitti globali alimentano il risk-off: gli investitori fuggono dagli asset speculativi per rifugiarsi in porti sicuri.
● 3. Segnali dai mercati finanziari – Le borse scricchiolano, e Bitcoin si muove in tandem con il Nasdaq/SP500. Enormi outflow dagli ETF Bitcoin, liquidazioni a catena e posizionamenti derivati ribaltati indicano che il denaro “smart” sta uscendo dal mercato crypto.
● 4. Indizi tecnici ribassisti – Pattern grafici inquietanti (un doppio massimo imponente), supporti cruciali infranti, indicatori come RSI/ MACD in divergenza, volumi in calo e sentiment in peggioramento dipingono un quadro tecnico bearish.
● 5. Notizie recenti preoccupanti – Dichiarazioni e fatti negativi abbondano: dalle sparate tariffarie di Trump alle vendite delle balene on-chain, fino a regolamentazioni in arrivo. Questi eventi stanno innescando ondate di sell-off."
"Andiamo ad analizzare ciascun punto nel dettaglio, con dati alla mano, per capire perché Bitcoin potrebbe precipitare nelle prossime settimane.
1. Scenario macro: la FED e il dollaro schiacciano Bitcoin
La cornice macroeconomica attuale è tutt’altro che amichevole per Bitcoin. La Federal Reserve americana mantiene una linea monetaria restrittiva, con tassi ancora elevati (~4,25-4,50%) e nessuna fretta di tagliarli. Nonostante l’inflazione USA sia scesa intorno al 3%, permangono rischi di “stagflazione”: la rinnovata guerra commerciale avviata dal presidente Trump (di cui parleremo a breve) sta alimentando pressioni inflazionistiche proprio mentre alcuni dati mostrano segnali di rallentamento economico. CoinDesk evidenzia che la Fed potrebbe rivedere al rialzo le stime d’inflazione e al ribasso quelle di crescita, segnalando uno scenario da incubo (stagflazione). In parole povere, ciò rinvierebbe ancora i tagli dei tassi, tenendo il costo del denaro alto più a lungo e prosciugando la liquidità: una pessima notizia per gli"
"asset rischiosi come BTC. Come nota l’esperta Noelle Acheson, se la Fed conferma questo scenario, i mercati rischiano uno shock perché verrebbe meno la speranza di imminenti iniezioni di liquidità – uno shock che Bitcoin sentirebbe in pieno.
Parallelamente, il dollaro USA sta tornando dominatore dei mercati valutari. Il cosiddetto Dollar Index (DXY) è balzato ai massimi da fine 2022, spinto proprio dalla combinazione di tassi USA relativamente alti e fuga verso la sicurezza. Un’analisi FXEmpire sottolinea che le politiche commerciali aggressive di Trump (dazi del 10% generalizzati e 60% contro la Cina) potrebbero ritardare il ciclo di tagli Fed e mantenere i rendimenti USA elevati, rafforzando ulteriormente il dollaro. Storicamente, un dollaro forte è nemico di Bitcoin: quando il biglietto verde sale, gli asset denominati in USD (come l’oro digitale) tendono a scendere. Non a caso, il DXY è passato da circa 100 di indice nel settembre 2024 a oltre 107 a inizio 2025, segno di un dollaro tonico che sottrae appeal a Bitcoin. Inoltre, l’economia USA regge bene il confronto globale (crescita e occupazione robuste), mentre Europa e Giappone arrancano e tagliano i tassi – ciò allarga il differenziale di tasso a favore degli USA e attira capitali verso il dollaro. Il risultato? Un fiume di denaro parcheggiato sul dollaro e sui Treasury, anziché su asset rischiosi.
Infine, va notato che i dati sul mercato del lavoro USA restano solidi, alimentando l’idea di una Fed ancora “hawkish”. Tasso di disoccupazione basso e salari in crescita significano che la domanda interna tiene, quindi la Fed può permettersi di non allentare troppo presto. Questo contesto di tassi reali positivi e rendimenti obbligazionari competitivi riduce l’incentivo a cercare rifugio in bitcoin come hedge inflattivo. In breve, il macro scenario – con Fed restrittiva, inflazione non domata del tutto e dollaro in rialzo – crea vento contrario per Bitcoin. Quando la liquidità scarseggia e il cost of money è alto, gli asset speculativi soffrono. E oggi la situazione è proprio questa.
2. Tensioni geopolitiche: risk-off globale in agguato
All’orizzonte globale non ci sono cieli sereni: tensioni geopolitiche e incertezze politiche stanno spingendo gli investitori verso un atteggiamento di risk-off. Il caso più eclatante è la nuova guerra dei dazi innescata dagli USA. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2025, gli Stati Uniti hanno adottato una linea dura sul commercio: dazi del 25% sulle importazioni dall’Unione Europea, tariffe punitive contro Canada e Cina. Queste mosse hanno immediatamente innervosito i mercati. Il timore di una escalation commerciale globale sta gelando l’appetito per il rischio. Non a caso, Larry Fink, CEO del colosso BlackRock, ha avvertito che le politiche di Trump potrebbero mantenere l’inflazione “elevata” e destabilizzare l’economia – un combinato disposto che spinge gli investitori a “deriskare” i portafogli e a liquidare asset volatili come le criptovalute. In un report del 21 marzo, RTTNews ha riportato chiaramente che le criptovalute sono in pesante calo proprio a causa delle tensioni geopolitiche e del turbolento contesto tariffario, con il sentiment appesantito da timori sul growth USA."
"Gli effetti concreti di queste tensioni si sono già visti su Bitcoin: a inizio marzo, quando Trump ha annunciato un rialzo dei dazi al 50% sulle importazioni canadesi, i mercati sono andati in shock e BTC è precipitato ai minimi di quattro mesi sotto $77.000. Tutti stanno riducendo il rischio per superare questi tempi incerti, commentava un analista in quei giorni. Ecco il classico scenario risk-off: vendere bitcoin (asset rischioso) e comprare beni rifugio.
L’oro, infatti, vola – è su di oltre il 15% quest’anno – mentre Bitcoin è scivolato
di quasi il 10% da inizio 2025. La rotazione è evidente: soldi verso oro e dollari, via dalle crypto."

"Grafico: La correlazione tra Bitcoin e Nasdaq è schizzata verso il 70% a marzo 2025, segnalando che BTC si muove in sintonia con gli altri asset di rischio in questo clima d’incertezza. Un contesto geopolitico teso (dazi, guerre) colpisce quindi Bitcoin tanto quanto i tech stocks.
Inoltre, non dimentichiamo le tensioni geo-strategiche e belliche in corso: la guerra in Ucraina, che prosegue tra alti e bassi; nuove frizioni in Medio Oriente; e un generale clima di incertezza politica (anche all’interno degli Stati Uniti, con un’amministrazione Trump potenzialmente imprevedibile). RTTNews rileva che gli sviluppi in Medio Oriente ed Europa dell’Est, uniti ai timori di una Fed meno accomodante, hanno rafforzato la domanda di dollari e alimentato il sell-off cripto. Quando le notizie globali sono allarmanti, la psiche collettiva degli investitori entra in modalità flight-to-safety: vendere bitcoin e azioni, comprare USD, oro e titoli di stato."
"Insomma, l’orizzonte geopolitico carico di tensioni aggiunge benzina sul fuoco della nostra visione ribassista. Ogni nuovo evento critico – un’escalation commerciale, una crisi diplomatica, un’elezione turbolenta – può essere la scintilla che innesca un’ondata di vendite su BTC. In un mercato già incerto, basta poco per passare dal “risk-on” al “risk-OFF”, e le crypto stanno chiaramente vivendo quest’ultimo. Bitcoin non è più (ammesso che lo sia mai stato) isolato dal contesto globale: ora si comporta come un asset finanziario mainstream, reagendo negativamente a guerre, dazi e caos politico. E in questo momento la geopolitica fornisce solo motivi per stare alla larga dal rischio.
3. Segnali finanziari: fuga dagli ETF Bitcoin, correlazione con le borse e liquidazioni a raffica
I mercati finanziari tradizionali e quelli crypto stanno viaggiando a braccetto – verso il basso. Bitcoin si è mosso quasi in sincronia con l’andamento del Nasdaq e dell’S&P 500 negli ultimi mesi. Gli analisti di Matrixport notano che la correlazione a 30 giorni tra BTC e il Nasdaq 100 ha raggiunto il 70% a fine marzo, un livello eccezionalmente alto. In pratica, Bitcoin sta facendo da specchio al settore tech: quando i titoli tecnologici scendono, scende anche BTC. Questa correlazione elevata, guidata dalle forze macro comuni (tassi, utili attesi in calo, timori tariffari), indica che Bitcoin sta tradendo la sua fama di asset decorrelato e si comporta come un titolo ad alto beta. Dunque, se prevediamo debolezza sulle borse (e i listini hanno iniziato il 2025 con il freno a mano tirato, tra utili aziendali rivisti al ribasso e shock da dazi), non c’è scampo per BTC: cadrà con loro.
All’inizio di marzo, ad esempio, il Nasdaq ha subito uno scossone (-4% in un giorno) proprio per le notizie sui dazi di Trump, e Bitcoin è crollato contestualmente sotto $80K. Insomma, addio narrativa del “bene rifugio digitale” o della “decorrelazione”: in questo momento Bitcoin è rischio puro, trattato alla stregua di un’azione tech iper-volatile. E il rischio sta venendo riprezzato ovunque.
Un campanello d’allarme fortissimo arriva anche dai flussi sugli ETF Bitcoin. Dopo l’euforia di fine 2024 (approvazioni di ETF spot, ingressi record), il 2025 ha visto un’inversione clamorosa: gli investitori istituzionali stanno sfilando soldi dai prodotti su BTC a una velocità impressionante. A febbraio c’è stata un’emorragia: 8 giorni consecutivi di deflussi hanno portato a oltre $3,2 miliardi usciti dagli ETF Bitcoin negli USA. CoinDesk segnala che questo rappresenta il mese peggiore in tre anni per il mercato crypto. I grandi fondi come l’iShares Bitcoin Trust di BlackRock hanno registrato riscatti pesanti (oltre
$240 milioni in un solo giorno). In totale, secondo BeInCrypto, dei $5,7 miliardi affluiti nei primi entusiasmi del 2025, ben $5,3 miliardi sono stati ritirati durante le sell-off di gennaio-febbraio, azzerando quasi completamente il bilancio netto (appena $106 milioni di flusso netto rimanente!). Questo significa che
tutta la “smart money” entrata a inizio anno ha fatto retromarcia alla prima"
"avvisaglia di inversione, portando via i profitti. Un simile record di outflow ($1 miliardo ritirato in un solo giorno secondo Bloomberg) indica perdita di fiducia e risk-off istituzionale. Anche se a inizio marzo c’è stata una timida ripresa di inflows, il danno è fatto: gli ETF Bitcoin hanno vissuto un vero e proprio “bank run” a febbraio, segno che i grossi investitori non credono a nuovi rialzi imminenti.
A conferma della fuga dalle crypto, i dati di CoinMarketCap mostrano che la capitalizzazione totale del mercato crypto è scesa a $2,75 trilioni (-1% overnight al 21 marzo) e i volumi di trading giornalieri sono crollati del 29% nello stesso periodo. In parallelo, l’indice Fear & Greed di CoinMarketCap è sprofondato in zona “Fear” (paura) a 27 punti, rispetto a livelli di “Greed” visti durante il rally sopra $100K. Questo cambio di sentiment è palpabile: il mercato ora ha paura, e quando domina la paura si vendono gli asset rischiosi. Neanche le buone notizie riescono a risollevare l’umore: persino un robusto afflusso di $166 milioni in un giorno negli ETF spot a fine marzo non ha mutato il trend negativo né migliorato il sentiment. Segno che il mercato è sordo ai catalizzatori positivi e focalizzato sui rischi.
Un altro indicatore finanziario importante è il posizionamento sul mercato dei derivati di Bitcoin, che si è rapidamente ribaltato in favore dei ribassisti.
Durante la fase ascendente, molti trader erano andati lunghi con leva, ma ora quella leva sta esacerbando i ribassi. Abbiamo già assistito a ondate massicce di liquidazioni di posizioni long ogni volta che il prezzo di BTC ha subito scossoni: il 25 febbraio Bitcoin è franato a ~$86K in poche ore, innescando ben
$1,6 miliardi di posizioni liquidate sui futures. A inizio febbraio, un crash ancora più violento ha spazzato via oltre $2,2 miliardi di leverage in un colpo solo. In quei frangenti, centinaia di migliaia di trader sono stati buttati fuori dal mercato, con posizioni long annientate. Queste liquidazioni a catena segnalano due cose: primo, che il mercato era troppo posizionato al rialzo (troppa leva long) – un classico segno di euforia che anticipa la caduta; secondo, che la pressione dei venditori è talmente forte da far saltare gli stop dei compratori con facilità. Ogni rimbalzo viene venduto aggressivamente, prendendo in contropiede i trader ottimisti.
Inoltre, gli indicatori come il funding rate dei futures stanno virando in territorio negativo, a testimoniare che ormai sono gli short a dominare. Dati CryptoQuant mostrano che il funding rate medio (SMA 30) è calato del 9% dall’inizio di marzo, un chiaro segnale che il sentiment ribassista sta prendendo piede e i trader scommettono sul downside. Se questo trend continuerà, potremmo vedere funding rate negativi – il che significa che chi è short paga per mantenere la posizione, evidenziando una predominanza di posizioni corte (scenario impensabile solo pochi mesi fa quando tutti erano lunghi). Un funding in calo conferma che gli short seller hanno preso il controllo del mercato dei derivati, coerente con la narrativa di un Bitcoin in difficoltà. In altre parole, anche gli speculatori stanno puntando sul ribasso ora."

"Grafico: Andamento di Bitcoin vs Funding Rate vs Liquidazioni (gen-mar 2025). In verde il funding rate medio in picchiata verso lo 0%, segno di sentiment ribassista crescente, mentre le bande rosa indicano enormi liquidazioni long durante i crolli di febbraio e marzo. Il prezzo BTC (linea nera) non riesce a riprendersi sopra i $90K e rimane sotto pressione.
Last but not least, il paragone con l’azionario: mentre il 2024 aveva visto Bitcoin e Wall Street salire assieme, il 2025 finora sta vedendo Wall Street correggere e Bitcoin affondare ancora di più. Basti dire che Bitcoin è già sotto del ~12% rispetto a un mese fa, mentre l’S&P 500 è entrato in correzione tecnica (oltre -10% dal picco, secondo dati CNBC). Se l’economia dovesse subire un rallentamento più marcato o se gli utili societari Q1 deluderanno (cosa probabile viste le revisioni al ribasso delle stime), le borse potrebbero innescare un sell-off generalizzato – e Bitcoin, lungi dall’essere un porto sicuro, verrebbe travolto in quanto parte del paniere “asset rischiosi”. Citi di recente ha ribadito come le azioni restino l’asset macro più correlato alle crypto: una correlazione che in questa fase è una condanna, non un vantaggio.
In sintesi, i segnali provenienti dai mercati finanziari gridano “attenzione: orso in vista!”. Gli investitori istituzionali stanno scappando (outflow dagli ETF), i trader speculativi stanno invertendo le posizioni (funding negativo, short in aumento), e Bitcoin balla sullo stesso palco dei titoli tecnologici in una fase di pesante avversione al rischio. Segui il denaro – e il denaro “intelligente” sta abbandonando Bitcoin al proprio destino.
4. Analisi tecnica: un enorme doppio massimo e altri segnali bearish
Passando all’analisi tecnica del grafico di Bitcoin, la situazione fa tremare i polsi ai rialzisti. Dopo la corsa entusiasmante del 2024, il 2025 è iniziato con quello che appare chiaramente come un pattern di inversione ribassista. In particolare, Bitcoin ha disegnato un doppio massimo (double top) maestoso in area $108.000. Questo pattern – notoriamente uno dei più affidabili segnali di inversione di trend – consiste in due picchi consecutivi di prezzo allo stesso livello, con in mezzo un ritracciamento (il “collo” o neckline). Nel caso di BTC, abbiamo avuto un primo picco a $108K a fine dicembre e un secondo picco quasi allo stesso livello a metà gennaio. Il mercato ha fallito la rottura al rialzo di quell’area di massimo storico, segnalando un esaurimento della spinta. Come nota CoinDesk, “BTC ha recentemente messo a segno due massimi gemelli attorno a $108K, suggerendo la formazione di un doppio top”. La neckline (linea di supporto tra i due picchi) era identificata intorno ai $91.300. E infatti, una volta rotto il supporto dei $91K, il pattern doppio massimo è stato confermato con un cambio di trend da bullish a bearish. La proiezione teorica di ribasso data da questo pattern si ottiene misurando la distanza tra i massimi ($108K) e la neckline (~$91K) – circa $17.000 di differenza – e proiettandola al ribasso sotto il supporto rotto. Il target risultante è circa $74K-75K. CoinDesk già a gennaio avvertiva che, in caso di conferma, Bitcoin poteva scendere fino a $75.000 come obiettivo del doppio top. Ora quello scenario si sta materializzando: la perdita del livello chiave ha innescato vendite e portato BTC sotto $85K a febbraio. Il doppio massimo è attivo e suggerisce ulteriori ribassi fino alla zona mid-70K (guarda caso, in linea con la previsione di VitaHub a $73.5–70.5K).


"Grafico: Pattern doppio massimo di Bitcoin formato tra dicembre ’24 e gennaio ’25, con neckline di supporto ~$91K rotta al ribasso. L’analisi tecnica indica un target teorico in area $75K come proiezione del pattern"
"Oltre al doppio massimo, ci sono altri segnali tecnici inquietanti. In primis, Bitcoin ha rotto al ribasso diverse supporti dinamici cruciali. Ha ceduto la media mobile a 50 giorni già a fine gennaio e, fatto ancor più grave, è sceso sotto la sua media mobile a 200 giorni – un indicatore seguito da tutti i trader per distinguere bull market da bear market. Attualmente BTC è al di sotto sia della 200 MA ($84.1K) che della 200 EMA ($85.5K), livelli che ora fungono da resistenze sopra la testa dei prezzi. Finché resterà sotto queste medie di lungo periodo, il trend di fondo sarà considerato ribassista e i compratori resteranno in difensiva. Un analista su Mitrade commenta che Bitcoin sta tradando ai livelli più bassi dalla fine del 2024, avendo perso tutti i supporti principali, e che molti investitori attendevano un rally 2025 che invece si è tramutato in persistent selling. Non ci sono ancora segnali di inversione: anzi, il momentum ribassista sta guadagnando forza mentre BTC rimane sotto soglie tecniche critiche.
Anche gli indicatori di momentum classici lanciano allarmi rossi. L’RSI (Relative Strength Index) su timeframe alti ha mostrato divergenze ribassiste multiple durante i massimi di inizio anno. In pratica, mentre il prezzo faceva higher highs (nuovi massimi a 108K), l’RSI disegnava highs decrescenti, segnalando un indebolimento della spinta sotto il cofano. Questo tipo di bearish divergence spesso precede inversioni di trend, ed è esattamente ciò che è accaduto. Come evidenziato in un’analisi CCN, all’approssimarsi di $88K l’RSI orario e a 4 ore mostrava divergenti ribassiste, indicando slancio in diminuzione e rischio di pullback. Subito dopo infatti Bitcoin ha invertito bruscamente. Il MACD settimanale, dal canto suo, ha recentemente incrociato al ribasso lo zero – un evento che non si vedeva da prima del bull run e che tipicamente segna un cambio di momentum verso il basso. CoinDesk ha sottolineato che il MACD histogram su grafico weekly è tornato negativo a febbraio, “rappresentando un’inclinazione ribassista del momentum”. Quando"
"questo indicatore virò in positivo a ottobre 2024, fu il preludio al rally verso
$100K; ora la sua inversione in negativo (in concomitanza peraltro con le cattive notizie macro) suona come campanello d’allarme per i bull. Gli stessi analisti avvertivano: se il prezzo avesse rotto il supporto di $90K, avrebbe confermato il segnale bearish del MACD – cosa che puntualmente è avvenuta. Dunque ora abbiamo sia RSI debole che MACD in cross ribassista: una combinazione classica che segnala trend discendente in atto.
Non è finita: sul grafico daily si era pure delineato un cuneo ascendente (rising wedge) tra fine febbraio e metà marzo, un pattern tecnico che spesso anticipa rotture al ribasso. Gli analisti tecnici hanno infatti definito la risalita di BTC verso $88K come un bearish wedge con volumi calanti – e infatti quel cuneo si è risolto con l’ennesimo scivolone sotto $85K.
Anche l’analisi dei volumi conferma la debolezza: i volumi in acquisto sui rialzi sono andati assottigliandosi, mentre sulle giornate di ribasso i volumi esplodono, indicando venditori aggressivi. Il recente rimbalzo da $82K a $87K, ad esempio, è avvenuto in volumi decrescenti (segno di rally da “short covering” e non di accumulazione genuina), mentre nelle sessioni di panico a fine febbraio i volumi sono stati massicci – evidenziando capitolazione da parte di molti compratori deboli.
Infine, i livelli chiave di prezzo da tenere a mente: supporti e resistenze
critici. Sul lato supporti, dopo $85K (già rotto) il prossimo livello importante era
$80K (già testato e finora tenuto per un soffio). Ma il vero baluardo, a nostro avviso, si trova proprio in quell’area $75K–70K indicata dal pattern doppio massimo. Non solo è il target tecnico calcolato, ma coincide anche con un livello psicologico e storico rilevante: attorno ai $69K c’era il precedente massimo assoluto del ciclo 2017–2021. Quella zona di “vecchio massimo” spesso funge da nuovo supporto nei cicli di mercato. È plausibile quindi che Bitcoin punti a ritestare il suo vecchio ATH intorno a $70K dall’alto. Molti trader guardano a quel livello come occasione di acquisto sul pullback. Proprio per questo, è un magnete naturale per il prezzo. Prima di arrivarci però, c’è il rischio che vengano spazzati via altri supporti intermedi e che si attivino ulteriori stop-loss. D’altro canto, al rialzo le resistenze ora abbondano: $90K (neckline persa), poi $95K e il muro psicologico di $100K sopra cui i tori non sono riusciti a tenere il prezzo.
Riassumendo l’aspetto tecnico: il trend chart di Bitcoin si è incrinato. Un
doppio massimo imponente completato, rottura di medie chiave, indicatori in divergenza ribassista, livelli di supporto dinamici e statici ceduti. La tendenza di breve-medio periodo è passata saldamente nelle mani degli orsi. I bullish sperano forse in un miracolo o in un improvviso colpo di scena macro, ma i grafici raccontano una storia diversa: ogni rimbalzo di sollievo è un’occasione per vendere, e nuovi minimi relativi sono probabilmente avanti a noi.
5. Notizie recenti e sentiment: quando piove, grandina (sul crypto)
A rendere ancora più cupo il quadro, troviamo un flusso costante di notizie"
"negative o comunque incerte sul fronte crypto, che contribuiscono a minare il sentiment di mercato. In questo contesto, qualsiasi scandalo, dichiarazione o svolta normativa tende ad avere un impatto amplificato sul prezzo di Bitcoin – quasi sempre al ribasso.
Partiamo dall’evento più macroscopico: le dichiarazioni di Trump e conseguenti reazioni “a catena”. Abbiamo già trattato l’effetto dei dazi sul macro e sul mercato, ma vale la pena sottolineare come ogni tweet o uscita di Trump in materia economica si sia tradotta in forte volatilità su BTC verso il basso. Quando Trump ha alzato la voce contro l’UE con tariffe, Bitcoin ha perso in pochi giorni oltre $10.000 di valore (da $96K a $82K). Queste mosse repentine spaventano sia retail che istituzionali. Figure di spicco della finanza come Larry Fink (BlackRock) hanno espresso preoccupazione per l’impatto inflazionistico e destabilizzante delle politiche Trump, e il mercato crypto – molto sensibile al tema inflazione/Fed – ne ha risentito immediatamente. In parallelo, personaggi noti storicamente scettici su Bitcoin hanno ripreso a far sentire la loro voce: basti pensare a economisti e investitori tradizionali che nei talk show finanziari definiscono BTC “bolla speculativa” o asset privo di fondamentali. Queste narrazioni, in un momento di debolezza del mercato, attecchiscono facilmente e alimentano la paura FUD (Fear, Uncertainty, Doubt).
Sul fronte regolamentare, non mancano le nubi. Negli Stati Uniti, il Congresso sta finalmente mettendo mano alle crypto: ad esempio, è in discussione un disegno di legge bipartisan sulle stablecoin (GENIUS Act) che mira a regolamentare in modo stringente quel settore. Figure politiche influenti come la senatrice Elizabeth Warren hanno colto l’occasione per mettere in guardia dai rischi delle criptovalute per i consumatori, parlando esplicitamente di “abusi crypto” e necessità di maggiore controllo. Questo clima di possibile stretta normativa spaventa gli operatori: la prospettiva di leggi più dure o vigilanza aumentata toglie smalto all’appeal di Bitcoin come investimento libero da vincoli. Anche se una regolamentazione chiara nel lungo termine potrebbe attirare capitali, nel breve termine l’overhang regolatorio (dalle questioni sugli ETF approvati a possibili nuove linee guida su tassazione crypto) crea incertezza, e il mercato odia l’incertezza. Persino alcune mosse volontarie dell’industria segnalano cautela: Coinbase, il principale exchange USA, ha sospeso la negoziazione di alcune “memecoin” speculative a New York per ragioni normative, indice che gli operatori temono sanzioni o vogliono mettersi in regola in anticipo. Tutto ciò contribuisce a un sentiment di “attesa nervosa” che certo non incoraggia nuovi acquisti di BTC. Poi ci sono i mini-scandali e incidenti interni al mondo crypto. Ad esempio, continuano a verificarsi hack e furti (recentemente un exploit da $13 milioni su una piattaforma DeFi ha ricordato a tutti che il settore rimane pieno di rischi tecnici) e persistono strascichi di vecchi crack (il caso FTX o Celsius, sebbene datati, ancora influenzano la percezione di rischio). Ogni notizia di questo tipo tende a generare ondate di vendite panicate da parte di chi teme di “perdere tutto da un giorno all’altro”. Anche se Bitcoin stesso non è stato violato, l’ecosistema conta, e la fiducia è fragile.
Un fattore chiave spesso sottovalutato è l’attività on-chain delle “balene”, i grandi detentori di BTC. Negli ultimi tempi stiamo assistendo a movimenti allarmanti: wallet di grossi investitori stanno trasferendo bitcoin sugli exchange, presumibilmente per venderli. Santiment ha evidenziato come durante il crollo a $82K di fine febbraio, wallet con oltre 10 BTC abbiano venduto collettivamente circa 6.813 BTC in pochi giorni. Si tratta di oltre
$500 milioni di dollari scaricati sul mercato da grandi operatori, coincisi proprio con il tonfo dei prezzi. Questi stessi wallet, per di più, avevano accumulato in precedenza fino a metà gennaio, per poi invertire la rotta e iniziare a distribuire. Ciò suggerisce che le balene stanno prendendo profitto e riducendo l’esposizione, un segnale estremamente bearish (le “mani forti” raramente sbagliano timing). Inoltre, dati IntoTheBlock mostrano che negli ultimi drawdown è diminuita significativamente la quota di holder di breve e medio termine – i cosiddetti traders e cruisers – rispettivamente calati del 3,7% e 1,6% in una settimana. In pratica, molti speculatori e investitori temporanei hanno gettato la spugna, vendendo le proprie posizioni di recente acquisizione. È quello che vuoi vedere in un’inversione ribassista: uscita dei giocatori più deboli (che spesso comprano tardi e vendono nel panico).
Purtroppo, da un punto di vista dei prezzi questo comporta pressione di vendita addizionale nel breve termine. E non è finita: all’orizzonte c’è anche la spinosa vicenda Mt. Gox. Il defunto exchange sta per restituire ai creditori una parte dei bitcoin sequestrati anni fa, si parla di circa $1 miliardo in BTC pronto a essere sbloccato. Se molti di questi creditori decideranno di vendere le monete recuperate (dopo averle attese per quasi un decennio, non sarebbe sorprendente), potremmo assistere a un ulteriore flusso di vendita sul mercato capace di deprimere i prezzi. Gli analisti infatti monitorano con ansia i wallet collegati a Mt. Gox, consci che un’ondata di nuovi BTC in circolazione potrebbe floodare il mercato e accentuare la discesa.
Tutto questo bagno di negatività sta erodendo il morale del mercato. Il sentiment complessivo tra i partecipanti, come già detto, è scivolato verso la paura. Sui social e nei forum specializzati, il tono è cambiato: da meme esuberanti che inneggiavano a “$100K e oltre” a post preoccupati su fino a dove potrà arrivare la correzione. Gli indicatori di sentiment mostrano pessimismo prevalente. La Crypto Fear & Greed Index citata prima è ben dentro la paura (20-30 su 100), e ricordiamo che a novembre era in “Extreme Greed”.
Questo shift psicologico spesso si autoalimenta: con gli investitori intimiditi, i rimbalzi vengono venduti velocemente (sell the rip), creando un circolo vizioso di prezzi che calano e sentiment che peggiora ulteriormente. Inoltre, l’interest generale sembra scemare: Google Trends per la parola “Bitcoin” non è nemmeno lontanamente vicino ai picchi visti durante le fasi euforiche; segno che il retail sta perdendo entusiasmo (o soldi) e senza di esso è dura sostenere rally prolungati.
In conclusione, quando piove grandina: il contesto informativo e di sentiment attuale è un terreno fertilissimo per ulteriori ribassi di Bitcoin. Ogni notizia, sia macro sia specifica crypto, sembra aggiungere un mattone al muro di preoccupazioni degli investitori. E quel muro è diventato abbastanza alto da tenere lontani molti potenziali compratori. La fiducia nel breve termine è incrinata, e nessun asset class subisce la mancanza di fiducia come le criptovalute. Fino a quando le narrative non torneranno a essere positive (es. una Fed che taglia davvero i tassi, o un’inversione di Trump sui dazi, o ancora un evento epocale pro-crypto), è probabile che Bitcoin continuerà a scivolare nel vuoto lasciato da acquirenti intimoriti e venditori in controllo.
Bottom line: tutti gli indizi portano nella stessa direzione. Il mix di macroeconomia restrittiva, geopolitica instabile, segnali finanziari e tecnici ribassisti e news scoraggianti configura una tempesta quasi perfetta per un calo significativo di Bitcoin nei prossimi due mesi. L’obiettivo di prezzo di $70.000–73.500 entro fine maggio appare non solo realistico, ma addirittura conservativo alla luce delle evidenze.
Certo, Bitcoin ci ha abituati a movimenti inattesi e a cambi di rotta improvvisi in passato. Ma l’investitore accorto deve pesare le probabilità: e allo stato attuale, i fattori negativi superano di gran lunga quelli positivi. Il consiglio implicito? Proteggersi dai ribassi, che sia attraverso posizioni short ben calibrate o alleggerendo l’esposizione. I tori di lungo termine potranno ricomprare a prezzi migliori più avanti; nel frattempo, i trader ribassisti potrebbero essere re per questa stagione. Come si suol dire a Wall Street, “Don’t fight the Fed” – e la Fed (insieme a molte altre forze) in questo momento sta chiaramente spingendo contro Bitcoin.
Prepariamoci, dunque: il trend è vostro amico, e quel trend ora punta in basso. Nei mercati finanziari nulla è certo, ma quando tanti segnali convergono come in questo caso, ignorarli sarebbe imprudente. La visione short verso $70K trova riscontro nei dati e nei fatti – e potrebbe rivelarsi la. mossa vincente nel prossimo futuro.
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