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Cacao sotto pressione, una nuova ondata di rincari

Immagine del redattore: giorgio grecogiorgio greco

Il mercato del cacao sta affrontando una delle fasi più critiche degli ultimi decenni. I dati indicano che le prossime stagioni porteranno a un deficit strutturale tra domanda e offerta, e gli esperti prevedono forti rialzi dei prezzi fino a livelli record, anche se aggiustati per l’inflazione. Si tratta di notizie poco incoraggianti per produttori di cioccolato, industrie dolciarie e, di riflesso, per i consumatori amanti del cacao, che potrebbero assistere a un incremento sostanziale del costo dei loro prodotti preferiti.

Ma come si è giunti a questa situazione? Per comprenderlo, occorre analizzare i principali fattori in gioco: dinamiche di mercato, cambiamenti climatici, politiche ambientali, malattie delle colture e una domanda che non accenna a ridursi.




Successivamente, a maggio, i prezzi sono ripiegati intorno ai 7.000 dollari, dando l’illusione di una momentanea normalizzazione. Purtroppo per i consumatori, stando a quanto riportato da svariati analisti e operatori del settore, questa apparente “pausa” non rappresenta la fine delle tensioni sul mercato.



I prossimi anni potrebbero infatti vedere un nuovo e più intenso rialzo dei prezzi, a causa di un problema fondamentale: un deficit strutturale dell’offerta. La stagione 2023-2024 si è conclusa con un deficit di circa 500.000 tonnellate di fave di cacao, il più ampio mai registrato e il terzo consecutivo. In un primo momento, i produttori di cioccolato avevano sperato in una ripresa della produzione, rassicurati da buone stime preliminari sui raccolti. Questa prospettiva aveva spinto molte aziende a ridurre le proprie coperture sul rischio prezzo (hedge) e a consumare le scorte accumulate, confidando in un imminente ribasso dei costi.

Queste speranze sono state smentite dai dati più recenti. Secondo la società di ricerca Forestero, specializzata nel settore del cacao, le ultime rilevazioni sulla produzione indicano che anche la stagione 2024-2025 sarà in deficit: si parla di un ammanco compreso tra 160.000 e 200.000 tonnellate. E questa volta, la situazione è aggravata dal fatto che le scorte mondiali si sono notevolmente assottigliate.

A inizio dicembre 2023, gli stock detenuti dai mercati di scambio (exchange) in Europa e negli Stati Uniti ammontavano a circa 400.000 tonnellate. Oggi si superano di poco le 100.000 tonnellate, il livello più basso mai registrato. Con riserve così ridotte, il mercato è assai più vulnerabile a qualsiasi notizia negativa sul fronte della produzione, alimentando la pressione rialzista sui prezzi.





Negli Stati Uniti, per esempio, i prezzi al dettaglio del cioccolato sono saliti fino al 20% in più rispetto all’anno scorso, anche in coincidenza con festività importanti come San Valentino.

La situazione è talmente critica che alcuni produttori, come Hershey, hanno cercato di acquistare quantità di cacao ben superiori al limite normalmente imposto sui mercati USA: la richiesta di acquisto poteva arrivare a 90.000 tonnellate, nove volte oltre i limiti standard. Questo perché sempre più trader e produttori lasciano scadere i futures per ottenere il cacao fisico, mentre non c’è alcun incentivo per i venditori a rifornire i magazzini.

Un altro effetto concreto di questa scarsità è l’adozione di ingredienti sostitutivi. Alcuni prodotti “compound” sostituiscono una parte del burro di cacao con grassi vegetali meno pregiati, riducendo la percentuale di cacao per contenere i costi.

Secondo Fuji Oil, fornitore globale per l’industria del cioccolato, le vendite di tali sostituti stanno crescendo in modo sostanziale, mentre quelle del cioccolato convenzionale sono in lieve flessione.

L’analista Jonathan Parkman, co-responsabile dell’agricoltura presso la società di brokeraggio Marex, ha commentato che in questo momento non esiste “slack” nel sistema: le scorte sono così esigue che persino le fave di qualità inferiore, solitamente non preferite dai cioccolatieri, stanno andando a ruba. Questo fenomeno, unito a un premio sul prezzo futures che può raggiungere anche i 1.500 dollari in più a tonnellata (soprattutto se si parla di fave ivoriane di alta qualità), rischia di mantenere elevati i prezzi per un periodo prolungato. Per i consumatori, questo potrebbe tradursi in barrette più care o con meno contenuto di cacao, mentre le aziende cercano di districarsi tra innovazioni di prodotto, riformulazioni e un riallineamento delle proprie filiere di approvvigionamento.

È facile pensare che un cattivo raccolto sia causato principalmente dal clima. Certo, eventi come El Niño e La Niña influenzano le rese agricole, e nel caso del cacao non hanno certo aiutato. Ma il quadro è più complesso. Nuove leggi contro la deforestazione frenano l’espansione delle piantagioni: gli agricoltori non possono più convertire facilmente foreste in terreni produttivi per aumentare la superficie coltivata.

A peggiorare la situazione, troviamo la difficoltà di reperire fertilizzanti a buon mercato. La guerra in Ucraina ha influito sulla filiera dei fertilizzanti, creando scarsità e aumentando i prezzi, con ricadute sulle rese per ettaro.

Un fattore particolarmente preoccupante è la diffusione del cocoa swollen shoot virus (CSSV), una malattia che attacca gli alberi di cacao riducendone drasticamente la produttività. Una volta infettato, un albero può morire nel giro di quattro anni, e il calo della resa inizia sin dal primo anno. Una recente indagine di Forestero, basata su nuove tecnologie di analisi del DNA sviluppate dalla società SwissDeCode, ha rivelato che la diffusione del CSSV in Africa Occidentale è di circa il 67%, ben oltre il 30% stimato in precedenza.

Le implicazioni sono enormi: Costa d’Avorio e Ghana, che insieme producono oltre la metà del cacao mondiale, potrebbero vedere la loro produzione crollare.

Secondo l’esperto Steve Wateridge di Tropical Research Services, la Costa d’Avorio potrebbe persino dimezzare la propria produzione nel tempo. È un paragone che richiama catastrofi passate: il Brasile, ad esempio, subì un calo della produzione del 70% in soli cinque anni a causa della malattia “witches’ broom” (scopa delle streghe) alla fine degli anni ’80. Un danno analogo in Africa Occidentale sarebbe devastante per l’intero mercato globale del cacao.

Il cacao cresce prevalentemente in una fascia equatoriale piuttosto ristretta, il che lo rende molto esposto a shock regionali. Se Ghana e Costa d’Avorio, colonne portanti dell’offerta mondiale, affrontassero una crisi produttiva grave, non sarebbe semplice compensare il deficit con altre regioni. Avviare nuove piantagioni è un processo lungo: servono almeno quattro anni perché le piante di cacao inizino a produrre frutti a pieno regime. Questo rende impossibile un rapido aumento dell’offerta in risposta a problemi improvvisi.


In molti mercati delle materie prime, un forte aumento dei prezzi provoca una riduzione della domanda. Se un bene diventa troppo caro, i consumatori ne comprano meno o trovano sostituti. Nel caso del cacao, però, la domanda tende a essere anelastica. Il costo del cacao incide solo in parte sul prezzo finale del cioccolato, e i consumatori sono spesso disposti a pagare qualche centesimo in più pur di non rinunciare alla loro dose quotidiana di dolcezza.

Prendiamo ad esempio un consumatore medio di cioccolato fondente al 70% che ne mangia 50 grammi al giorno. Il costo delle fave di cacao nella tavoletta che acquista potrebbe equivalere a poche decine di centesimi. Anche se il prezzo del cacao raddoppiasse o triplicasse, l’incidenza sul prezzo finale del prodotto al dettaglio sarebbe limitata, e difficilmente indurrebbe questa persona a rinunciare al cioccolato. Ciò significa che la domanda rimane sostenuta anche a fronte di forti aumenti di prezzo, creando le condizioni per un mercato al rialzo prolungato.

La situazione attuale, con scorte ridotte e deficit strutturale, ricorda in parte quanto accaduto negli anni ’70, quando livelli simili di rapporto scorte-domanda portarono i prezzi del cacao a un picco inflazionato equivalente a circa 28.000 dollari a tonnellata nel 1977, dopo cinque anni di mercato rialzista. Oggi, siamo a un solo anno dall’inizio di un rally dei prezzi. Se i problemi strutturali (CSSV, deforestazione limitata, fertilizzanti scarsi, invecchiamento delle piante) persisteranno e la situazione climatica non darà tregua, i prezzi potrebbero agevolmente raggiungere nuovi massimi storici in termini reali.




Le aziende produttrici di cioccolato, che avevano fatto affidamento su un calo dei prezzi riducendo le scorte e le coperture, potrebbero trovarsi esposte a costi molto più elevati. Ciò potrebbe spingere i produttori ad aumentare i prezzi al dettaglio, oppure a ridurre le dimensioni delle tavolette mantenendo lo stesso prezzo (un fenomeno noto come “shrinkflation”).

I consumatori finali, pur non rinunciando facilmente al cioccolato, potrebbero dover mettere in conto un costo maggiore per soddisfare i propri gusti. L’aumento dei prezzi potrebbe anche incentivare alcune aziende a sperimentare surrogati o a ridurre la percentuale di cacao nei prodotti, puntando su aromi alternativi, anche se, per i veri golosi e appassionati di cioccolato fondente di alta qualità, trovare valide alternative potrebbe non essere così semplice.

La situazione del mercato del cacao non è destinata a risolversi rapidamente. Anche in presenza di politiche mirate, investimenti in ricerca per varietà più resistenti e misure per controllare la diffusione del CSSV, l’effetto sul mercato si vedrà solo nel medio-lungo periodo. Nel frattempo, la domanda rimarrà elevata, trainata dal consumo crescente di cioccolato in molte economie emergenti, oltre che nei mercati tradizionali.

L’unico aspetto relativamente certo è che l’equilibrio tra domanda e offerta è compromesso, e questo squilibrio favorisce una pressione costante al rialzo dei prezzi. Per produttori, trader, investitori e appassionati di cioccolato, i prossimi anni saranno all’insegna dell’incertezza. Monitorare l’andamento del mercato, tenere d’occhio le politiche agricole, le epidemie tra le piante e le condizioni climatiche sarà essenziale per comprendere come evolverà uno dei mercati più affascinanti e, al momento, più turbati tra le materie prime agricole.

L’industria del cacao si prepara a vivere una stagione complessa, in cui la combinazione di deficit strutturali, malattie endemiche delle coltivazioni e fattori geopolitici contribuirà a mantenere i prezzi su livelli storicamente elevati. Il gusto dolce-amaro tipico del cacao non potrebbe essere più appropriato per fare un parallelismo sul futuro di questo prezioso prodotto.

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