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"Il panorama bancario italiano cambia volto: tra SRT e fusioni"



Negli ultimi anni, il panorama bancario italiano è stato interessato da un’ondata di trasformazioni: fusioni, acquisizioni e nuove strategie di gestione del rischio hanno catturato l’attenzione non solo degli investitori, ma anche di un pubblico più vasto desideroso di comprendere meglio come si muovono i principali attori del settore. Al centro di questa evoluzione troviamo, da un lato, banche di dimensioni medio- grandi che puntano a consolidare la propria posizione attraverso partecipazioni e operazioni straordinarie; dall’altro, istituti storici che sembravano destinati a ridimensionarsi e che invece, grazie a interventi statali o nuove strategie manageriali, stanno sorprendentemente recuperando terreno e mettendo in atto mosse che fino a poco tempo fa sarebbero apparse impensabili.

Un aspetto cardine di questo cambiamento è dato dai cosiddetti SRT (Synthetic Risk Transfer), strumenti che consentono agli istituti di “trasferire” parte del proprio rischio di credito agli investitori, migliorando i coefficienti patrimoniali e liberando capitale per nuovi impieghi. In parallelo, proseguono le voci di fusione e le ambizioni di espansione da parte di banche che, fino a poco tempo fa, erano considerate troppo fragili per condurre operazioni d’acquisto di altri gruppi. È il caso, ad esempio, di Monte dei Paschi di Siena, che da “banca in cerca di salvezza” è tornata al centro delle cronache come potenziale compratore di un istituto prestigioso come Mediobanca. In questo articolo cercheremo di fare il punto della situazione su queste dinamiche, offrendo una panoramica dei principali movimenti in corso e fornendo spiegazioni accessibili a tutti.


Uno dei temi più interessanti riguarda la crescente diffusione dei Significant Risk Transfer (SRT). Si tratta di operazioni finanziarie mirate a ridurre l’esposizione di una banca al rischio di credito. Il meccanismo funziona in maniera relativamente semplice da spiegare, per quanto i dettagli tecnici possano essere complessi: la banca crea una sorta di protezione “sintetica” vendendo a investitori terzi (fondi specializzati o altri operatori finanziari) il rischio di default su un portafoglio di prestiti o di titoli obbligazionari in suo possesso. In cambio, gli investitori ricevono un premio periodico, come una vera e propria assicurazione.

Nell’ambito di questi strumenti, la notizia che BPER Banca SpA stia considerando l’emissione di un primo SRT di dimensioni significative – su un portafoglio di circa 2,5 miliardi di euro di crediti verso piccole e medie imprese italiane – rappresenta un segnale della crescente popolarità di queste operazioni anche presso istituti che non appartengono alla ristretta cerchia dei colossi bancari europei. Fino a non molto tempo fa, a ricorrere ai SRT erano prevalentemente grandi gruppi come Banco Santander SA o BNP Paribas SA, i quali storicamente guidano l’emissione di questi strumenti in Europa. Oggi, invece, la tendenza si sta estendendo a un numero più ampio di attori bancari.


La scelta di BPER, assistita in questa fase dal colosso Intesa Sanpaolo SpA, risponde a un’esigenza precisa: ridurre il carico di rischio e liberare capitale regolamentare, in modo da avere margine per nuove attività di prestito o per sostenere eventuali operazioni di crescita. Inoltre, con l’entrata in vigore di regolamenti più stringenti (spesso ci si riferisce a Basilea III e alle riforme che ne sono derivate), gli istituti di credito si ritrovano con un aumento delle cosiddette attività ponderate per il rischio (RWA), un indicatore che misura quanto gli attivi in bilancio siano rischiosi. Più alto è questo valore, maggiore è il capitale che la banca deve mettere a riserva per far fronte a potenziali perdite. Attraverso gli SRT, una parte di tale rischio (e quindi di RWA) viene trasferita fuori dal bilancio, consentendo di ottimizzare i coefficienti patrimoniali.

D’altro canto, l’ascesa di questi strumenti ha attirato l’attenzione delle autorità di vigilanza e, di fatto, l’International Monetary Fund (IMF) ha recentemente messo in guardia sulle possibili criticità che potrebbero emergere se l’utilizzo dei SRT non fosse attentamente monitorato. A questo proposito, alcune banche tedesche come Deutsche Bank AG hanno ridotto il proprio impegno nel finanziare queste transazioni in seguito a discussioni con i regolatori.


La notizia della potenziale emissione di un SRT da parte di BPER fa parte di un processo di consolidamento più esteso nel settore bancario italiano. Da tempo gli analisti e i commentatori finanziari sottolineano come il Paese conti ancora molte banche di medie dimensioni, spesso legate a specifici territori, che però – complice l’evoluzione delle normative e la necessità di competere in ambito internazionale – si trovano spinte verso operazioni di fusione, cessione o acquisizione.

Uno dei casi più eclatanti riguarda proprio BPER e il suo interesse verso altre banche, come la Banca Popolare di Sondrio SpA, su cui BPER ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto (OPA) basata su uno scambio di azioni. Questo è solo uno dei tanti esempi di come gli istituti italiani siano alla ricerca di nuove sinergie e possano diventare protagonisti di veri e propri “matrimoni” bancari.

Allo stesso tempo, banche di maggiori dimensioni come UniCredit SpA hanno espresso la volontà di crescere ulteriormente: UniCredit, ad esempio, è stata spesso indicata come possibile acquirente di Banco BPM SpA, il terzo gruppo bancario del Paese. Queste manovre puntano a creare poli bancari più solidi e competitivi, capaci di offrire un range più ampio di servizi e di confrontarsi alla pari con i grandi gruppi internazionali.




Fondata nel 1472, ha attraversato nei secoli periodi di splendore, ma ha conosciuto momenti drammatici a partire dalla crisi del 2008 e dall’opera

zione Antonveneta (quando nel 2007 comprò l’omonima banca a un prezzo ritenuto successivamente eccessivo). La nazionalizzazione del 2017 sembrava destinare Monte Paschi a un destino di progressivo ridimensionamento e in pochi avrebbero scommesso su un suo ritorno come protagonista di operazioni di mercato.

Eppure, l’arrivo del nuovo CEO Luigi Lovaglio e il conseguente riassetto interno hanno cambiato le carte in tavola.


Questo miglioramento ha consentito al governo italiano, che ne detiene ancora una partecipazione rilevante, di ridurne progressivamente la quota in più occasioni e di favorire un processo di privatizzazione.

La vera sorpresa, però, è arrivata quando Monte Paschi ha iniziato a guardare Mediobanca SpA come potenziale obiettivo di acquisizione. Mediobanca è un istituto prestigioso, specializzato in servizi di consulenza finanziaria, wealth management e consumer finance, oltre ad avere in portafoglio rilevanti partecipazioni in società come Generali, uno dei più grandi gruppi assicurativi d’Europa e importante detentore di titoli di stato italiani. Il piano di MPS prevede l’unione dei due istituti per creare un “terzo polo bancario” capace di competere con i maggiori gruppi italiani e di mantenere una parte significativa del sistema finanziario sotto controllo nazionale.

Nell’ottica del governo, infatti, un polo bancario più forte – in cui lo Stato rimarrebbe azionista di rilievo insieme ad alcune famiglie imprenditoriali di spicco (come i Del Vecchio e i Caltagirone) – permetterebbe di esercitare un’influenza più marcata sia sulle attività di intermediazione creditizia sia sul settore assicurativo. Proprio Generali, partecipata da Mediobanca, riveste un ruolo strategico non solo perché è uno dei maggiori assicuratori italiani, ma anche perché detiene ingenti quote di titoli di Stato. Pertanto, avere voce in capitolo in Generali significa, di fatto, poter dire la propria sull’intera catena del valore bancario e assicurativo.





Nonostante le ambizioni di Monte Paschi, l’acquisizione di Mediobanca non è affatto scontata. Gli analisti di diverse società di ricerca, come ad esempio KBW sottolineano che un’operazione del genere si scontra con alcune criticità: in primo luogo, il prezzo offerto da MPS (inizialmente un premio del 5% rispetto alla

quotazione di Mediobanca) è stato rapidamente eroso dai movimenti di Borsa, rendendo l’offerta meno attraente. In secondo luogo, la governance di Mediobanca e la presenza di azionisti influenti e storicamente legati all’istituto potrebbero rendere poco gradita un’operazione vista come ostile.

Altri osservatori, come l’asset manager Margherita Strazzari di Sempione SIM, hanno ipotizzato che la mossa di Paschi possa rappresentare una strategia difensiva: lanciare una proposta di fusione o acquisizione può infatti servire a scoraggiare l’interesse di potenziali acquirenti su MPS stessa. Inoltre, l’intero progetto potrebbe risentire della volatilità dei mercati finanziari, legata a fattori globali come l’andamento dei tassi, le tensioni geopolitiche o la crescita economica incerta.



Lo scenario bancario italiano sta correndo su due binari: da un lato, l’uso di strumenti come i Synthetic Risk Transfer (SRT) per alleggerire i bilanci dal rischio di credito; dall’altro, una corsa sfrenata a fusioni e acquisizioni che coinvolge banche di ogni dimensione. BPER, affiancata da Intesa Sanpaolo, pensa di usare un SRT su 2,5 miliardi di euro di prestiti alle PMI, mentre Monte dei Paschi di Siena, a sorpresa, punta in alto con l’acquisizione di Mediobanca. Se dovesse riuscirci, nascerebbe un polo bancario tutto italiano, più grande e influente, e il governo giocherebbe un ruolo importante grazie al controllo di Generali.

Le autorità vigilano con attenzione, preoccupate dai potenziali rischi dei SRT, e gli investitori potrebbero non apprezzare manovre troppo politicizzate. Come se non bastasse, famiglie come i Del Vecchio e i Caltagirone aggiungono un ulteriore livello di complessità al tutto. In ogni caso, la spinta al consolidamento sembra inarrestabile: le banche si muovono per rafforzarsi e trovare nuovi equilibri di potere. Il futuro dirà se la strategia di BPER e la mossa audace di Monte Paschi porteranno davvero a un cambiamento epocale o se resteranno soltanto tentativi in un mercato che cambia più velocemente di quanto immaginiamo.




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