L'Australia taglia i tassi di interesse: cosa sta succedendo e perchè.
- giorgio greco
- 4 mar
- Tempo di lettura: 5 min
L’Australia ha catturato l’attenzione dei mercati internazionali decidendo di ridurre i tassi di interesse per la prima volta dal 2020, ponendo fine a una serie ininterrotta di rialzi iniziata nel maggio del 2022. La Reserve Bank of Australia (RBA) ha abbassato il tasso di riferimento di 0,25 punti base, portandolo al 4,10%. È una mossa che rompe uno schema consolidato di politica monetaria restrittiva, da cui molti si aspettavano una maggiore persistenza prima di una svolta. Andiamo a scoprire le ragioni che hanno spinto la RBA ad allentare la presa, il contesto economico e politico in cui si inserisce la decisione e cosa possiamo aspettarci
per i prossimi mesi.

Molti economisti sostenevano da tempo che la politica monetaria fosse troppo restrittiva, poiché i molteplici rialzi avevano incrementato i tassi di interesse di oltre tre punti percentuali in poco più di un anno, frenando i consumi e mettendo sotto pressione un’ampia fetta di famiglie con mutui variabili.
La RBA, pur avendo mantenuto a lungo un approccio cauto, ha infine riconosciuto che i rischi di un surriscaldamento dell’inflazione si stavano riducendo, mentre aumentava la probabilità di scivolare verso una crescita troppo debole. Il Tesoriere Jim Chalmers, commentando la decisione, ha parlato di “boccata d’aria per gli australiani”, pur sottolineando che, per risolvere i problemi economici del Paese, ci vorrà ben più di un semplice taglio dei tassi.
Il contesto in cui si colloca questo taglio è caratterizzato da una crescita del PIL decisamente fiacca nel terzo trimestre del 2024: appena +0,3%, contro il +0,5% che gli analisti si aspettavano. Su base annua, l’aumento è stato dello 0,8%, un livello che, escludendo il periodo pandemico, non si vedeva da diversi decenni. In questa dinamica si mescolano almeno due forze principali:
1. Tassi di interesse alti che hanno compresso i consumi interni, soprattutto a danno di chi ha un mutuo a tasso variabile.
2. Scenario globale incerto, con un rallentamento dell’economia cinese — partner commerciale chiave per l’Australia — e un clima internazionale poco favorevole a investimenti e commercio estero.
A compensare, almeno parzialmente, ci ha pensato la spesa pubblica, in particolare quella legata alla difesa. Alcuni analisti hanno parlato di “economia a due velocità,” con un settore privato che arranca e un settore pubblico che, grazie agli investimenti, ha evitato la recessione tecnica. Il Tesoriere Chalmers ha definito"
"la crescita “soft,” aggiungendo però che l’occupazione resta solida e l’inflazione è in discesa.
La RBA, fino a poco tempo fa, si era mostrata più lenta a tagliare i tassi rispetto ad altre banche centrali — come quelle di Nuova Zelanda e Regno Unito — probabilmente perché aspettava segnali più convincenti sulla stabilità dei prezzi. Il dato di inflazione al 2,4% ha fornito l’assist per muoversi nella direzione di un alleggerimento del costo del denaro.

Allo stesso tempo, il dollaro americano (USD) si è rafforzato, sostenuto da un possibile rallentamento dei tagli dei tassi da parte della Federal Reserve. Una valuta forte attrae investitori e fa salire il cambio USD/AUD, con conseguenze importanti per l’Australia:
Export favorito: un AUD debole rende i prodotti e i servizi australiani più competitivi all’estero.
Import penalizzato: il costo delle importazioni (dai prodotti tecnologici al carburante) diventa più elevato, aumentando il rischio di pressioni inflazionistiche.
La RBA, consapevole di questi meccanismi, ha spesso mantenuto un atteggiamento prudente nel tagliare i tassi per evitare un eccessivo deprezzamento della moneta. Il nuovo taglio indica che la priorità è sostenere la crescita, anche a costo di accettare una valuta più debole.
Un altro aspetto di rilievo è la componente politica. L’Australia terrà le elezioni federali entro metà maggio, e il governo guidato dal Primo Ministro Anthony Albanese è particolarmente sensibile al tema dell’elevato costo della vita.
L’inflazione aveva infatti eroso i redditi reali, mettendo in difficoltà molte famiglie. Un taglio dei tassi, benché deciso in modo indipendente dalla RBA, può risultare vantaggioso sul piano elettorale, perché:
Riduce la rata dei mutui a tasso variabile, regalando ossigeno ai bilanci familiari.
Invia un segnale di fiducia che le politiche economiche stiano funzionando, con il Paese che comincia a uscire dalla spirale di rincari.
Il Tesoriere Chalmers considera questo taglio “un passo nella direzione giusta,” sapendo bene però che la sola riduzione dei tassi non è una panacea a tutti i mali e non basta a sistemare il quadro complessivo di una crescita modesta.
Un ulteriore deprezzamento della valuta, infatti, renderebbe le importazioni ancora più costose, favorendo un’eventuale risalita dei prezzi interni. Inoltre, se i consumatori non fossero abbastanza fiduciosi da incrementare gli acquisti, l’effetto espansivo del taglio si rivelerebbe parziale. La RBA dovrà quindi monitorare con
attenzione l’andamento dell’inflazione nei prossimi mesi: una fiammata di nuovi rincari potrebbe spingerla a ritornare rapidamente verso una politica più restrittiva.
Dal maggio 2022, la banca centrale aveva messo in atto ben 13 rialzi consecutivi per raffreddare un’inflazione che rischiava di superare la soglia del 3%. Questi provvedimenti erano stati lodati da chi vedeva nell’inflazione una minaccia seria, ma avevano anche scatenato critiche da parte di chi segnalava l’impatto pesante su mutui e investimenti. Il taglio odierno chiude quel ciclo e apre a una fase che la RBA descrive come “più morbida ma sempre cauta.” L’istituto vuole scongiurare la spirale dei prezzi, ma è intenzionato a evitare di soffocare la ripresa.
Il taglio dei tassi australiani rappresenta una svolta che riaccende la speranza di una ripresa più robusta, anche se l’incertezza resta elevata. Un AUD debole può dare una mano all’export, ma rischia di gonfiare i costi delle importazioni. In un’economia che cresce sotto ritmo da diversi trimestri, la RBA sembra disposta a correre qualche rischio pur di non affossare la domanda interna. Le elezioni imminenti aggiungono un tocco politico alla vicenda: il governo di Albanese vede nel taglio un aiuto per le famiglie, ma potrebbe anche dover fare i conti con un’inflazione di ritorno se la valuta subisse troppa pressione.
A questo punto, la domanda è come si evolveranno i dati su disoccupazione, consumi e inflazione nei mesi a venire. Il solo calo del costo del denaro basta per cambiare il clima economico o servono misure aggiuntive? La RBA continuerà a tagliare o si fermerà, osservando i prossimi indicatori prima di decidere la sua strategia finale? Forse la lezione più interessante è che, in un panorama globale incerto, nessuna scelta è priva di conseguenze e ogni mossa di politica monetaria diventa un azzardo calcolato. L’Australia ha fatto il suo passo, e ora tutto ruota intorno alla capacità di bilanciare crescita, inflazione e una moneta traballante. I cittadini, intanto, guardano alle rate dei mutui con un po’ di sollievo, chiedendosi se questa fiducia ritrovata reggerà all’urto delle prossime sfide.
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